la nostra storia: vetri che non si lasciano cadere

Vetri che non si lasciano cadere


Aquila di Antonio Romanato, aquila.glass, presentazione e storia dell’attività: con questo video vogliamo portarvi a percorrere, attraverso suggestive immagini, la nostra storia, partendo dalla fine degli anni ottanta fino ai nostri giorni, mostrandovi quello di cui andiamo più fieri e orgogliosi…il nostro lavoro.

VETRI CHE NON SI LASCIANO CADERE

La nostra storia. L’ arte del vetro di Murano a Brugine. Qui, Antonio Romanato, mastro vetraio, ha investito in un buon sito e in un e-commerce strutturato come forza commerciale della sua attività artigianale.

Quando si pensa a un oggetto di vetro, una delle associazioni più istantanee è quella della fragilità… manufatto prezioso, artistico, ma fragile… invece quella fragilità contiene in sé la VETRI CHE NON SI LASCIANO CADERE

forza dirompente del fuoco necessario per plasmarlo.

Il vetro ha anche il dono di catturare la luce che ne ravviva i colori a seconda di come si pone l’oggetto. Ma chi è il mastro vetraio oggi? Cosa fa nella sua bottega?

A Brugine in provincia di Padova siamo andati a visitare il laboratorio Aquila Glass di Antonio Romanato e abbiamo visto come il maestro realizza le sue opere. Siamo un po’ lontani dall’isola che per antonomasia è conosciuta come la patria del vetro soffiato, Murano. La meraviglia nel poter assistere dal vivo alla realizzazione di un fiore in vetro, resta comunque la stessa.

Romanato, dove ha imparato l’arte del mastro vetraio?

La nostra storia: molti si aspettano la storia di un ragazzo che al termine degli studi un giorno passeggiando per Murano incontra un mastro vetraio che per magia gli insegna i segreti del mestiere… invece non è così. In passato ho fatto il saldatore, il fabbro, il pellettiere… prima come dipendente poi mi sono aperto un laboratorio dove potevo realizzare qualsiasi cosa: dalle cinture in cuoio, alle fibbie, dagli oggetti in bronzo all’assemblaggio di semilavorati per creare bomboniere. Mi riconosco una particolarità. Producevo e vendevo quello che realizzavo. A seconda delle richieste del mercato, adeguavo l’offerta e nel contempo mi facevo da commerciale. Sempre puntuale con i clienti affezionati e per reclutarne di nuovi, partivo con la mia valigia e andavo a proporre le mie ‘robette’.

Finché alla fine degli anni ottanta alcuni miei clienti mi chiesero dei prodotti in vetro. Murano è stato il mio fornitore per un po’, poi mi resi conto che gli oggetti che mi richiedevano i miei clienti, i mastri vetrai non riuscivano a produrli. Così ho deciso di attrezzare una parte di casa mia con l’attrezzatura necessaria per plasmare il vetro. Insomma, ho imparato il mestiere da solo, guardando come si fa, da chi lo fa di mestiere.

Come ha sviluppato l’attività?

Negli anni novanta se sapevi fare il mestiere, era il lavoro che veniva a cercarti. Sono arrivato ad avere 6 collaboratori negli anni d’oro. Era il tempo delle grandi fiere, l’ingresso con i miei nuovi prodotti nel settore del design-arredamento e poi la svolta per alzare l’asticella.

Cosa intende?

Lavorare sulla quantità, sui numeri, sulle richieste in serie, non era la mia aspirazione. Avevo bisogno di potermi dedicare alla qualità del prodotto e soprattutto alla realizzazione del pezzo unico, su mandato e magari anche potendo offrire la mia esperienza e il mio gusto al cliente.

E ora che le grandi fiere per gli artigiani artisti come lei, non sono più un investimento?

Oggi basta avere un sito che si rispetti, un e-commerce di tutto rispetto, una formazione di cultura d’impresa continua, un aggiornamento costante. Ho visto che dedicando tempo alla mia formazione soprattutto nelle strategie per mantenere un buon content continuum (il grado di soddisfazione del mio pubblico) riesco a vendere da casa i miei prodotti in tutto il mondo.

Cosa significa fare il suo mestiere oggi?

Fare questo lavoro per me vuol dire essere libero e indipendente… Indipendenza che significa successo, risultato economico, espressione del meglio di sé, libertà di gestire il proprio tempo e la possibilità di poter dare forma alla mia ispirazione creativa.

Un nome stravagante per un laboratorio del vetro artistico

“A questo punto lo so che vi state chiedendo perché ho chiamato il mio laboratorio Aquila.

Dovete sapere che al tempo in cui ho deciso di aprire la mia attività, c’era un negozio vicino a quello che sarebbe diventato il mio laboratorio che si chiamava Il pavone. Vendeva oggetti di tutti i generi, confezionati, inscatolati alla bell’e buona… Beh, io dovevo assolutamente distinguermi, anzi contrappormi a quel tipo di offerta commerciale spicciola e di certo non artigianale. Per tanto di risposta ho volutamente pensato a un nome che si contrapponesse in tutto e per tutto al genere ‘ chincaglieria’ cui faceva riferimento Il pavone. Il mio nome doveva richiamare qualcosa di regale e reale… l’aquila appunto!

E oggi con l’evoluzione della specie, ci ho messo pure il punto glass… così ci proiettiamo nel futuro.

Per questo vi farò vedere cose che voi umani non potete nemmeno immaginare…”.



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